Rassegna Stampa

31 maggio 2020

Vietare il consumo di animali selvatici non è così facile

Fonte: ilpost.it

È una delle principali cause della diffusione di nuove malattie, ma per combatterlo non bastano leggi e azioni di polizia

Dopo l’inizio della pandemia da coronavirus in Cina, in tutto il mondo si sono moltiplicate le richieste di chiudere i “wet market”: i mercati alimentari diffusi in tutta l’Asia orientale dove in alcuni casi si vendono animali selvatici spesso ancora vivi e in condizioni igieniche precarie. In questi mercati è facile che un nuovo virus passi da un ospite animale a uno umano ed è proprio intorno al “wet market” di Wuhan che – secondo le prime indagini dei medici cinesi, ancora da confermare – si sarebbe diffuso il coronavirus, partendo forse dai pipistrelli (che si ritiene siano l’ospite dentro al quale il coronavirus si è evoluto) e arrivando poi agli esseri umani, passando forse per i pangolini (una specie di mammifero la cui carne è considerata una prelibatezza in alcune zone della Cina).
La newsletter del Post sul coronavirus continuerà ad arrivare anche durante la “Fase 2”, per raccontare e spiegare quello che succede. Iscriviti qui, è gratis.

Ad aprile oltre 300 comitati, organizzazioni e associazioni hanno scritto all’Organizzazione Mondiale della Sanità chiedendo di vietare il commercio di carne di animali selvatici nel tentativo di limitare le possibilità di “spillover”, o “zoonosi”, cioè il passaggio di una malattia dagli animali all’uomo, mentre la stampa e i politici di tutto il mondo hanno accusato il governo cinese di non volere o di essere incapace di mettere sotto controllo i propri “wet market”.