Rassegna Stampa

13 giugno 2024

Influenza aviaria, le infezioni nei bovini e la risposta sanitaria

Fonte: scienzainrete.it

Si riaccende l’attenzione sull’influenza aviaria, soprattutto dopo la recente scoperta di un ceppo ad alta patogenicità in bovini da latte negli Stati Uniti. Il salto di specie rimarca la capacità dei virus influenzali di adattarsi e infettare nuovi ospiti, aumentando la necessità di sistemi di sorveglianza e risposta efficaci. Nonostante i rischi, attualmente non ci sono prove di trasmissione diretta tra bovini; le misure di controllo si concentrano sulla prevenzione del contagio e la protezione dei lavoratori esposti.

Ora che la pericolosità delle infezioni da Covid-19 è stata domata, anche se non completamente sconfitta (più di 3.000 nuovi casi notificati negli ultimi 30 giorni e un non trascurabile numero di ricoveri in ospedale), i virus dell’influenza aviaria si riaffacciano all’attenzione di chi studia l’orizzonte di prossime eventuali minacce pandemiche. Soprattutto da quando, il 25 marzo 2024, i funzionari federali del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti hanno annunciato di aver identificato un ceppo di influenza aviaria ad alta patogenicità in alcuni bovini da latte. Un salto di specie importante.

I virus dell’influenza sono dei grandi trasformisti per il loro genoma suddiviso in 8 segmenti, che codificano per 11 proteine. Durante la moltiplicazione virale i segmenti vengono riprodotti in moltissime copie per essere poi assemblati in nuove particelle virali. Se sono presenti virus influenzali di origini differenti, i segmenti possono riassortirsi diversamente dagli originali e produrre sottotipi e nuove varianti virali, dotate di differenti caratteristiche. Con queste capacità di produrre sempre nuove “formulazioni”, i virus influenzali sono in grado di infettare moltissime specie, dai pesci ai mammiferi, e di modificarsi continuamente.