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11 marzo 2019

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Aggressioni ai Veterinari Pubblici: una condanna che dà un segnale positivo

Categoria: Intimidazioni

Aggressioni ai Veterinari Pubblici: una condanna che dà un segnale positivo

Forse non tutti sanno che nel Son operano circa 6000 veterinari dirigenti e 1200 veterinari convenzionati che ogni giorno effettuano controlli sanitari su animali e alimenti che possono essere portatori di rischi per la salute umana o per l’economia agro-zootecnico-alimentare.
Questo lavoro espone talvolta a reazioni dei soggetti controllati che negli ultimi anni hanno assunto carattere sempre più frequentemente il carattere violento delle aggressioni verbali e anche fisiche.

La sequenza allarmante degli eventi che hanno visto vittime i veterinari del Ssn ha indotto da oltre dieci anni il Sindacato Italiano dei Veterinari di Medicina Pubblica (SIVeMP) a monitorare il fenomeno e a chiedere ripetutamente ai Ministeri della Salute e dell’Interno iniziative concrete per arginare e combattere questa problematica, resa più allarmante dal fatto che i veterinari operano da soli presso le aziende zootecniche e alimentari spesso in zone rurali e isolate.

Le istituzioni hanno mostrato una formale attenzione al problema istituendo nel 2009 un tavolo tecnico che nel 2010 – su richiesta del SIVeMP – fu almeno trasformato in un “Osservatorio Nazionale sulla sicurezza degli operatori e sull’attività di Medicina Veterinaria pubblica”. Come spesso succede, la diversa sensibilità dimostrata dai governi che si sono alternati nel tempo, non ha consentito di ottenere concrete misure, e l’unico risultato ottenuto è stato quello di dare visibilità al problema, senza migliorare le condizioni di lavoro che potevano incidere in modo significativo sulla sicurezza dei veterinari.

I veterinari nello svolgimento del loro servizio sono pubblici ufficiali e ricoprono anche la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria, pertanto le minacce e aggressioni ai loro danni dovrebbero essere oggetto costante di denuncia d’ufficio. Troppo spesso invece le incombenze successive alle aggressioni ricadono totalmente sulle spalle dei singoli professionisti e gli aggressori non vengono perseguiti come la legge impone dalle Aziende sanitarie per le quali i veterinari agiscono come legali rappresentanti.

Il veterinario che lavora nel SSN, attraverso i controlli sulla salute e benessere animale e sulla sicurezza alimentare, persegue l’obiettivo di tutelare la salute pubblica e per questo può adottare provvedimenti che talvolta incidono significativamente sulla redditività delle aziende produttive che devono adeguarsi a prescrizioni di natura legislativa nazionale o europea.

In questi contesti il veterinario svolge un ruolo di collegamento tra le istituzioni regionali, nazionali e comunitarie e il mondo agro-zootecnico alimentare, diventando spesso il catalizzatore del malcontento e attirando su di sé ogni forma di protesta.

Talvolta – e sempre più spesso – i veterinari hanno subito anche azioni di rilevanza penale quali atti intimidatori, attentati alle proprietà personali e aggressioni fisiche inferte non solo durante l’attività istituzionale, ma molto spesso anche al di fuori di essa con azioni ritorsive nella sfera familiare.

Recentemente sono stati condannati, rispettivamente a 8 mesi e 9 mesi di reclusione, due persone che nel 2015 avevano aggredito con calci e pugni un veterinario in un piccolo paese del Leccese. Il veterinario era stato aggredito per aver denunciato un illecito conseguente alla vendita fraudolenta di un cavallo sottoposto a sequestro amministrativo. Gli imputati sono stati condannati per lesioni e minacce a pubblico ufficiale, reato punito ai sensi dell’articolo 339 del Codice Penale, che prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni. Il giudice ha disposto anche un risarcimento in via equitativa di 4000 euro per il veterinario e di 1000 euro per la ASL, che si è costituita parte civile.

Questa sentenza merita attenzione per due ordini di motivi. Il primo è che la legge punisce più pesantemente chi minaccia o aggredisce un pubblico ufficiale, e questo da solo potrebbe essere un rilevante deterrente per le persone irragionevoli, esaltate e prive di autocontrollo che ricorrono a tali comportamenti aberranti.

Il secondo, forse ancora più rilevante, è il fatto che la ASL si sia costituita parte civile nel processo, a rafforzare il concetto che il danno subito dal proprio dipendente aveva determinato ricadute negative e causato danni anche al datore di lavoro.

Nel corso delle recenti audizioni presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato sul Ddl 867, il SIVeMP ha illustrato la specificità e le difficoltà operative della professione veterinaria. Ha messo in luce che il veterinario finora ha dovuto sopportare il peso fisico, psicologico ed economico delle azioni conseguenti alle aggressioni, e che talvolta è costretto a difendersi anche dalla propria amministrazione la quale – con un comportamento che isola ulteriormente i sanitario – dispone talvolta provvedimenti sbagliati, inopportuni e lesivi della dignità professionale, anziché sostenere il professionista di cui si avvale e affiancarlo nel difficile percorso post traumatico.

Il sindacato ha spesso richiamato l’attenzione sul rischio che aggressioni e lesioni ai veterinari siano sottodimensionati, quindi ulteriormente sottovalutati, in quanto chi subisce la violenza sa di non poter contare sul sostegno e la tutela dell’amministrazione di appartenenza (anzi rischia di vedersi trasferito dalla Direzione della ASL che improvvisa una soluzione estemporanea che esporrà un altro veterinario a un problema irrisolto) ed è portato a non segnalare episodi meno rilevanti, quali aggressioni verbali, ingiurie, pressioni psicologiche, che sono solo i prodromi di aggressioni ben più pesanti.

Per facilitare l’emersione del fenomeno il nostro sindacato ha adottato un questionario coerente ai contesti lavorativi della veterinaria pubblica.

Come ha più volte chiesto il SIVeMP, la prima misura da mettere in atto nelle realtà in cui i veterinari rilevano tensioni e reattività eccessive dei controllati è la costituzione di apposite équipe di più veterinari e tecnici della prevenzione.

Un’organizzazione del lavoro in équipe nei casi complessi e difficili è la metodologia che si adotta in ogni contesto sanitario, perché non si adotta anche nella medicina veterinaria pubblica? Per mere necessità di risparmio?

Il SIVeMP ritiene che in taluni casi si debba anche cominciare a coinvolgere, nelle responsabilità delle aggressioni ai veterinari, le stesse Direzioni delle ASL.

Occorre infatti collocare i veterinari pubblici sotto l’ombrello della tutela del lavoratore della sicurezza sul luogo di lavoro (d.lgs 81/2008 – Testo Unico per la Sicurezza del Lavoro) prevedendo una responsabilità oggettiva del datore di lavoro che non ottempera alla necessità di prevenire con i mezzi disponibili (lavoro di equipe) aggressioni, lesioni personali o danni ai beni di proprietà del singolo veterinario pubblico.

Il SIVeMP ritiene inoltre che, nei casi di aggressione o intimidazione, debba essere garantita dalla ASL la piena presa in carico e tutela legale del proprio dipendente con l’avvio d’ufficio dei procedimenti a carico di persone o ignoti che hanno determinato nocumento ai professionisti.

La costituzione di parte civile dell’Azienda, (come nel caso citato) è poi la condizione basilare che sta a confermare che i dipendenti sono per essa una risorsa fondamentale e che causare un danno al personale sanitario equivale a arrecare un danno a tutta l’Azienda sanitaria e alla forza dell’autorità in materia di salute pubblica e sicurezza alimentare.

Solo con questa misura si può scongiurare il tentativo – sempre più rilevante in certi territori – di rifiutare i controlli sanitari e delegittimare l’azione di sanità pubblica da parte di operatori che sono pronti a procurare danni e lesioni fisiche e psicologiche al personale che opera in nome e per conto dell’Autorità sanitaria competente.

La sentenza pronunciata nel Leccese riconosce la gravità dell’aggressione al veterinario durante lo svolgimento delle funzioni di medicina pubblica in qualità di pubblico ufficiale e costituisce un segnale fondamentale per la tutela dei professionisti e la presa di coscienza delle istituzioni sulla portata di un fenomeno che necessita da tempo di misure di prevenzione e lotta risolutive.