Rassegna Stampa

20 aprile 2021

Wet market e commercio di carni proibite in Africa: uno studio prova a identificare chi sono i trafficanti e i bracconieri

Fonte: ilfattoalimentare.it

Pochi giorni fa l’Oms, insieme ad altre agenzie internazionali, ha ribadito con forza il pressante invito lanciato già nelle prime settimane successive all’inizio della pandemia: bisogna al più presto porre fine al commercio illecito di animali e chiudere i mercati, spesso illegali, in cui si vendono animali vivi, i cosiddetti wet market. L’appello, che segue la missione della stessa Oms a Wuhan, parte da un dato: il 70% delle infezioni che più di recente hanno colpito l’uomo – tra le quali la febbre di Lassa, e poi il virus Marburg, simile a Ebola, o il virus Nipah – sono di origine animale, e le previsioni dicono che i rischi stanno aumentando. Per questo prendere provvedimenti come quello assunto dalla Cina, che formalmente ha vietato il commercio a fini alimentari degli animali selvatici, non basta. È indispensabile vietare ogni genere di commercio (per esempio quello a scopo farmaceutico o quello verso paesi che lo permettano, pur partendo da altri che lo vietano) e chiudere i luoghi più pericolosi come, appunto, i wet market.

Su questo c’è un accordo generale nella comunità scientifica, ma passare dalle parole ai fatti non è semplice, perché in moltissimi Paesi la vendita di carni di animali selvatici, soprattutto quella illegale, è molto fiorente. Come se ne esce?