Rassegna Stampa

18 gennaio 2021

Interrogazione sugli effetti del Covid-19 sulla filiera del cibo locale italiano e caporalato

Fonte: Ruminantia

CUNIAL. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

la pandemia Covid-19 sta già colpendo i sistemi alimentari direttamente attraverso gli impatti sull’offerta e sulla domanda di cibo e indirettamente attraverso la diminuzione del potere d’acquisto e della capacità di produrre e distribuire cibo, che avrà un impatto differenziato e colpirà più fortemente i poveri ed i vulnerabili;

in queste settimane le condizioni di favore per il settore dell’agroindustria nelle politiche del Governo hanno danneggiato la filiera del cibo locale italiano che non è composta solamente di agroindustria. Rara eccezione è stata la riapertura della vendita al dettaglio nel settore vivaistico;

da indagine Istat 2019 il 25% della produzione agricola nazionale è realizzato da circa 1.016.244 aziende agricole considerate «dedite all’autoconsumo», ma che in realtà sono quelle che riforniscono i mercati territoriali, che praticano la vendita diretta e la trasformazione aziendale;

inoltre, anche le 260.615 «imprese agricole attive» che hanno fino a un solo addetto sono riconducibili alla categoria precedente per un totale di 1.276.859 aziende che non possono essere confuse con quelle di 5.878 imprese agricole con più di 10 addetti, per un totale di occupati di poco superiori a 108.000 addetti su un totale di circa 805.000 addetti totali (rapporto Istat 2019);

le interruzioni delle catene di approvvigionamento e dei mercati agroalimentari possono rendere meno sicuri anche i mezzi di sussistenza di queste aziende territoriali;

il Governo è responsabile nel sostenere le catene di approvvigionamento alimentare per garantire che funzionino senza problemi. Il Governo dovrebbe incoraggiare le comunità locali ad aumentare la produzione alimentare locale, a ridurre al minimo gli sprechi alimentari e ad astenersi dall’acquistare in preda al panico. I Governi dovrebbero fornire misure specifiche per gli operatori del settore alimentare coinvolti nella produzione, manipolazione e lavorazione degli alimenti per evitare la contaminazione e la diffusione di Covid-19;

è possibile permettere la vendita semplificata, su base territoriale e in via eccezionale, ai canali della grande distribuzione, in deroga alle certificazioni volontarie (ad esempio, Iso En 9001) generalmente richieste da supermercati e industrie. A tal proposito, si ricorda che il regolamento (CE) 852/2004 su igiene e sicurezza alimentare non si applica «alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il consumatore finale. (Art. 1, par. 2, lettera C)»;

secondo i dati relativi al 2017 il 74% dei lavoratori agricoli sono stranieri. Alcune misure sono immediatamente possibili: la residenza virtuale presso i comuni per tutti i lavoratori che vivono in insediamenti informali; l’accesso alle case agevolato dal ruolo di garanzia di soggetti pubblici; il rispetto dei contratti provinciali sull’obbligo di ospitalità da parte dei datori di lavoro, laddove le condizioni lo permettono (grandi produttori che garantiscono medi-lunghi periodi di lavoro); la regolarizzazione di migliaia di invisibili, che continuano a crescere per effetto dei decreti sicurezza;

necessaria è la riorganizzazione degli spazi mercatali, anche attraverso il contributo e la collaborazione dei produttori con le autorità locali, al fine organizzare le piazze secondo una metodologia consona alle decisioni del governo ed alle disposizioni sanitarie sulla scorta di quanto avviene già in altri Paesi dell’Unione europea –:

quali iniziative si intendano adottare per garantire la raccolta dei prodotti agroalimentari nei prossimi mesi e se vi sia l’intenzione di adottare iniziative per prevedere le misure elencate in premessa per i lavoratori stranieri;

se si intendano adottare iniziative per spostare una parte delle risorse finanziarie impiegate verso le aziende di piccola e media dimensione (circa 1.276.000 aziende) identificabili in base all’ammontare di titoli Pac aziendali non superiori a 50.000 euro;

in che modo si intenda sostenere la riorganizzazione dei mercati contadini locali all’aperto e/o le iniziative che si vanno sviluppando in tutto il Paese per consentire alle produzioni locali di essere messe a disposizione dei cittadini.

Testo della risposta – Giuseppe L’Abbate, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali