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Pre-Accordi di maggiore autonomia delle Regioni

Iperfederalismo in sanità: quale Contratto Nazionale e quale uniformità della Prevenzione ne uscirà?

Editoriale di Aldo Grasselli

Categoria: Dalla Segreteria Nazionale



Tra queste materie la sanità pubblica veterinaria e la sicurezza alimentare avevano piena dignità di essere classificate quali materie di grande interesse nazionale, sia di ordine sanitario, sia di ordine economico.

Il referendum ha dato il suo responso e la centralizzazione di talune funzioni di governance si è inabissata. Anzi, il 28 febbraio 2018, dopo appena 15 mesi dal referendum e 4 giorni dalle elezioni per il Parlamento, il Governo – più o meno lo stesso uscito battuto dal referendum – ha sottoscritto con tre Regioni: Veneto, Lombardia e Emila Romagna, i preaccordi di maggiore autonomia.

La Costituzione quindi, prima tirata in senso centralista dal referendum ora strattonata in senso contrario da questi accordi subiti da una maggioranza di governo in cerca di consenso preelettorale, è di nuovo campo di battaglia di una politica che potremmo difinire veterosindacale tra Stato e Regioni.

E l’universalismo del Sistema sanitario nazionale?

E La uniformità del diritto alla salute ? 

E l’unicità del rapporto di lavoro dei dipendenti della sanità pubblica ? 

E il modello di relazioni pubblico-accreditato-privato in sanità?

E l’uniformità del sistema nazionale di prevenzione definito dal dlgs 502/92 nei Dipartimenti di Prevenzione?

Gli accordi sottoscritti, per loro natura, riducono vincoli e danno carta bianca in sanità SUL PERSONALE, SUI MODELLI ORGANIZZATIVI, SULLA FORMAZIONE SPECIALISTICA, SULLE ASSUNZIONI, balcanizzando ulteriormente l’unico diritto che la Costituzione definisce fondamentale. 

Difficile capire se si tratti di un luciferino disegno o di una ottusa cedevolezza funzionale ad un effimero consenso.

Quello che è evidente è l’intenzione malcelata delle Regioni di farsi Stato. Di battere la moneta dei diritti a piacimento della piccola casta che dispone dei “partiti” e si fa eleggere, ormai, grazie alla diserzione dal voto della maggioranza dei cittadini più che dalla convinzione degli elettori. 

Ricordiamoci che in Emilia Romagna il presidente è stato eletto col 40% dei voti espressi ma che sono sono meno della metà dei voti espressi da un triste 38% degli aventi diritto che sono andati a votare.

Se in Lombardia il nuovo consiglio regionale avrà una base di consenso più ampia lo sapremo quando questo articolo sarà già in stampa e ci auguriamo che querlla regione – grazie alla sua consolidata autonomia – sappia conservare il patrimonio dei dipartimenti di prevenzione veterinaria.

L’accordo firmato dal Governo con Lombardia, Emilia Romagna e Veneto rappresenta però la rottura di un argine che può significare la fine di quello che resta di nazionale del Servizio Sanitario e la diaspora dei Dipartimenti di Prevenzione.

La sempre più debole coesione sociale che resisteva attorno alla funzione del Ssn, al ruolo del suo personale, alla capacità di esprimere probabilmente il più potente strumento di equità sociale del nostro paese, faticosamente sopravvissuto al neo liberismo, alla deregulation, alla fantasia ideativa degli organismi legislativi locali ed aziendali, entra in una nuova fase di spoliazione, dopo quella economica anche quella identitaria.

Il richio è che i Vicerè, alcuni già oggi obnubilati dal delirio di potere, pensino di aver vinto una partita storica, quando probabilmente – in certe regioni – hanno conquistato solo il diritto di accaparrarsi le prime scialuppe del Titanic.

Che senso potrà avere ancora in questo scenario il CCNL che cominciamo a trattare in questi giorni è sinceramente difficile dirlo.

Importante, quanto drammatica, sarà la composizione e l’orientamento del nuovo Parlamento che si insedierà dopo il voto del 4 marzo. Ci auguriamo che, dopo il porcellum in tema di legge elettorale, non ci tocchi assistere al porcellum in sanità, nelle forme di assistenza alle persone e nei rapporti di lavoro dei sanitari.

Nel 2018 il nostro Servizio Sanitario Nazionale compie quarant’anni: dobbiamo fargli riscoprire quei valori di universalità, uguaglianza ed equità di accesso alle cure che sono scritti nel primo articolo della sua Legge istitutiva.

Il senso originario del Titolo V, sulle materie riguardanti la salute, era quello di applicare l’articolo 32, che sancisce appunto la tutela del diritto alla Salute, secondo le peculiarità territoriali delle diverse Regioni. 

Questo senso è stato tradito da una gestione aziendalistica dei sistemi sanitari da parte delle Regioni, e il modello è fallito. 

Altrettanto fallimentare in quanto a capacità di premiare e motivare il personale è stata la gestione dei contratti di lavoro a livello regionale ed ancor più aziendale, laddove le risorse del personale sono state oggetto di uso improprio e clientelare, e spesso sono state sottratte al personale ed occultate nei bilanci.

Se occorre fare qualcosa per dare risposte migliori ad un paese diverso da quello in cui è nato il Ssn, quel qualcosa è riscrivere l’articolo 117  della Costituzione per garantire appieno il principio di sussidiarietà e i diritti fondamentali, ancora per poco forse, costituzionalmente protetti.

Invece sembra si voglia incrementare la diversità dei territori, declassare i diritti di intere popolazioni, dare sempre più corpo ad una deriva delle regioni che crea le premesse per smantellare l'universalismo e l'equità di accesso alle cure volute 40 anni fa dalla legge 833.

Probabilmente non sarà un compleanno felice.

 

Tratto da Argomenti n° 1/2018 – Leggi l'editoriale in pdf

 

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