Rassegna Stampa
12 febbraio 2020
Nanoplastiche, servono studi sui loro effetti sulla salute
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Plastiche, spaventano quelle “nano”: sono in alimenti, cosmetici e vestiti e potrebbero entrare nelle cellule con effetti sconosciuti. La bufala? L’accanimento sulle “micro”, di dimensioni intermedie, completamente atossiche secondo gli esperti
Attualmente produciamo circa 300 milioni di tonnellate l’anno di macroplastiche (cioè di rifiuti di dimensioni maggiori a 5 mm) di cui una gran parte è rappresentata da imballaggi e prodotti monouso. Cosa questo comporti per l’ambiente è ben noto. Meno noto è il rischio che si corre dal contatto con le nanoplastiche, i frammenti più piccoli, che misurano un miliardesimo di metro o meno e che sono parte integrante della nostra quotidianità. Perché si trovano per esempio, negli alimenti, nei cosmetici e nei vestiti.
Nessuna conoscenza
Il motivo per cui dovremmo iniziare a preoccuparcene, come spiegano gli esperti intervenuti al XIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Tossicologia (Sitox) in corso a Bologna, è che sappiamo ancora molto poco sulle nanoplastiche. “Non siamo in grado di definire un rischio perché non sappiamo assolutamente nulla – ha commentato l’ecotossicologo Marco Vighi, durante il Congresso – non abbiamo idea delle concentrazioni nell’ambiente e non siamo ancora in grado di misurarle. Non sappiamo se possono entrare nelle cellule e determinare un rischio tossicologico. Si tratta, quindi, di una priorità della ricerca in questo campo”.