Rassegna Stampa
22 novembre 2022
L’arrivo della carne coltivata in UE potrebbe essere ostacolato da lungaggini burocratiche
Fonte: ilfattoalimentare.it
Più di un quarto delle start up e delle aziende che lavorano sulla carne coltivata nel mondo ha una sede in Europa o nel Regno Unito. Alcune di esse stanno dando segnali di grande vivacità, come la francese Gourmey, che sta costruendo un grande stabilimento vicino a Parigi per la produzione di foie gras, la partnership tra Givaudan, Bühler e Migros, che ha appena inaugurato il più grande hub europeo per l’agricoltura cellulare vicino a Zurigo, e Mosa Meat, che raddoppia la superficie della sua sede di produzione nei Paesi Bassi. Sembrerebbe quindi che i cittadini europei debbano trovare presto nei supermercati o nei ristoranti carne coltivata, come accade a Singapore dal 2020 con il pollo coltivato di Eat Just, o in Israele dove alcuni ristoranti-pilota propongono quello di Aleph Farm, e presto anche negli Stati Uniti dove la Fda ha approvato per il consumo umano il primo prodotto dell’agricoltura cellulare. Ma la situazione non è esattamente questa: l’Efsa non ha ancora ricevuto alcun dossier con richieste di approvazione e i tempi non si prevedono brevi. Come mai c’è questa dicotomia tra uno sviluppo che procede spedito e l’assenza di commercializzazione in Europa? Se lo è chiesto Food Navigator, cercando anche di individuare gli strumenti che potrebbero accelerare l’arrivo di questi prodotti sul mercato.
Tra i motivi principali del ritardo ci sono le pastoie burocratiche. Singapore ha deciso di produrre internamente il 30% del cibo di cui ha bisogno entro il 2050: obiettivo molto ambizioso, essendo la superficie quasi per intero edificata e la popolazione in continua crescita. Ma intende raggiungerlo sfruttando al massimo le innovazioni tecnologiche, di cui è da sempre alfiere, e può decidere per conto suo cosa autorizzare e cosa vietare: per questo molte start up guardano a oriente per riuscire ad arrivare sul mercato. Al contrario, chi vuole entrare in quello europeo deve soddisfare i protocolli che armonizzino le sensibilità e i vincoli di 27 paesi e, nello specifico, quelli relativi ai Novel Food. Questi ultimi sono basati su due aspetti principali: la determinazione del rischio e la sua gestione. Se l’alimento riceve il via libera dall’Efsa, il dossier passa al Paff, il Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi in cui sono rappresentati tutti gli stati membri, che decide a maggioranza. Per ottenere l’approvazione, un Novel Food deve raggiungere il 55% di consensi che, però, rappresentino almeno il 65% dei cittadini europei.